venerdì 14 ottobre 2011

FOTOVOLTAICO: UN PADERNESE CI INVITA AD UNA RIFLESSIONE PERTINENTE



Volentieri pubblico in forma di POST questa riflessione di un cittadino padernese, Gianni Rubagotti: "non ti sembra una bestemmia che il fotovoltaico invece di riempire i tetti, magari degli edifici comunali e nelle villette, vada a togliere terreno all'agricoltura come successo a Senago? Questo agosto ho fatto un giro in bici per Paderno e ho la sensazione che considerata la nostra zona c'è ancora tanta agricoltura: si va dall'orticello della villetta alla Cascina dell'Uccello. Ma è frastagliata e spesso crea sprechi...il futuro sembra renderà sempre più difficile l'arrivo di alimenti da lontano sia per il prezzo e la disponibilità del petrolio sia per la sempre maggiore povertà della nostra popolazione. In questo quadro non dovremmo puntare sul kilometro zero o quasi invece di eliminare terreni agricoli?"

Concordo in parte e ritengo che una questione sia da porsi, senza resistenze e senza proclami ideologici sui temi del "progresso si, progresso no" piuttosto che sventolare il dogma della conservazione a tutti i costi.
E in tal senso rispondo alla domanda: non credo certo si tratti di una "bestemmia" collocare un impianto fotovoltaico anche in una area libera e non lo credo perchè credo fermamente che sia più sostenibile una installazione fotovoltaica, anche non integrata nell'edificio, rimandando questa installazione ad un modello di Sviluppo appunto Sostenibile. Preferisco che il sole colpisca un pannello e produca energia piuttosto che sgrullarmi delle modeste conseguenze del caso, anche perchè c'è la soluzione, ed in Campania (che non è il terzo mondo, come molti credono), ma anche in Irlanda e in altri paesi "sottosviluppati" ci si è ingegnati per coniugare le due cose.



Esempio di serra con fotovolatico - Molise

Tornando al merito della domanda, aggiungiamo qualcosa.
Credo che il "paesaggio" di Paderno Dugnano o Senago, non sia/siano certo rappresentato/i dalla sola realtà agricola.
Anzi, nella storia della città e dei sette quartieri le caratterstiche morfologiche anche del territorio indica dinamiche sostanzialmente differenti.
A Senago c'è una presenza importantissima come il Parco delle Groane (Parco Regionale) e tra i primi rilievi orografici, sebbene di modesta elevazione o depressione, è l'uomo che vi ha costruito una villa che però riconosciamo come valenza ambientale e paseaggistica, mentre a Paderno D. il territorio è pianeggiante, e le presenze ambientali non contigue, il territorio frammentato. La città di Paderno D. ha una estensione pari a quella di Cinisello B.(che ha più del 70% del territorio occupato) mentre la nostra città si ferma poco sopra il 50%. E spesso sono le infrastrutture a causare le criticità ambientali e le interferenze con i territorio. L'elemento più significativo del "paesaggio" di Paderno può essere il Viale Bagatti Valsecchi, con la villa (su territorio di Varedo) a simboleggiare una realtà simbolica, paesaggistica ed ambientale meritevole di attenzione.
Se poi si vuole immaginare che la citta oggi debba essere quello che c'era nel 1700 il discorso è molto differente, qui non si tratta più di nostalgia o di amor del vero ma di ignoranza storica.
E' la Rivoluzione industriale che ha indotto i cambiamenti che conosciamo e ancora oggi la rivoluzione informatica o quella tecnologica che spingono in altre direzioni, ma anche e soprattutto la crisi economica.
E l'economia del secolo scorso era quella basata sul petrolio e purtroppo lo è ancora oggi nel 2011, ma vogliamo cambiare indirizzo.
Il singolo campo agricolo, più o meno residuale che sia, sebbene ne riconosca la valenza anche e solo al fine del mantenere "aperto" l'edificato, in un tessuto che è già densamente urbanizzato, mi chiedo se sia veramente sacro e intoccabile?
E' quel campo che rappresenta tutta la storia ed il passatto della nostra città o della comunità locale (non del singolo)?
Queste sono le valutazioni che avrà fatto la Commissione deputata alla valutazione di compatibilità in un paesaggio che, forse non ce ne siamo ancora accorti, si è fortemente trasformato ed è stato anche produttivo, industriale, terziario e residenziale. La stratificazione delle trasformazioni della città, in lotta con il suo limite, è già parte integrante del paesaggio, è il paesaggio urbano.
Diversamente anche un centro sportivo non sarebbe congruo con le aree destinate a parco, ed è il caso del Parco del Grugnotorto, parco che in passato era denominato così perchè era il gran't ort, l'orto di Milano, il grande orto.
Di quel grande orto oggi abbiamo una miscellanea di "elementi di pregio" nel paesaggio come cave, alcune riqualificate ma che rappresentano anch'esse un paesaggio "artificiale", altre ancora in esercizio, e ancora cinema, magazzini, attività o vivai, come quelli della Steflor, residenze per anziani, ed anche aree coltivate, campi da golf e parchi attrezzati o tematici, siti produttivi come l'Eureco, e altro ancora.
Tutto questo non produce alimentazione a km zero, eppure sono destinazioni presenti nei parchi, anzi le mire di alcuni altri portano su un altro livello questa questione, e vi invito a riflettere in merito.
Perchè si vogliono installare pirogassificatori nel Parco Grugnotorto?
Chi ha l'interesse a trasformare la coltura per la alimentazione umana in produzioni di bassa qualità destinate alla produzione di biocombustibili?
Caro Rubagotti, oggi il Parco Grugnotorto è considerato una risorsa, e il signficato di risorsa è diverso da persona a persona.
Per me risorsa è quel qualcosa da tenermi caro.
Per altri la risorsa è qualcosa cui attingere per un mero sfruttamento.
E il parallelo con il campo con il parco fotovoltaico è sostanzialmente diverso, perchè questo è un esempio di utilizzo della risorsa (a tempo, perchè dopo 20 anni il conto energia termina) che è segno di una civilità che ha la consapevolezza del valore del territorio, diversamente chi impedisce di collocarvi un generatore a bio-massa oppure una centrale a biogas?
Per concludere, penso che il valore di una area agricola (da conservare o meno) è legata alla contiguità con altre aree aperte che la rendono produttiva, diversamente essa rimane un residuo. Collocarvi un campo fotovoltaico magari la preserva dalla edificazione per almeno 20 anni, senza togliere nulla alla coltura che si può comunque condurre sul terreno, elevando molto semplicemente i pannelli su strutture più alte dei mezzi in uso agli agricoltori.

Nella pratica poi se ne occupano le Commissioni di esperti che valutano la compatibilità del sito e del progetto che si prevede di installare nel Paesaggio, ed in ogni amministrazione si valutano ed accettano o diniegano anche tali installazioni. Talvolta quello che per le amministrazioni locali non è gradito, e viene respinto, viene comunque installato o realizzato (casi simili a Paderno si contano su più di due mani) anche perchè non è detto che non sia "compatibile", ma semplicemente deputato ad altri soggetti o enti interessati.
Sono quindi le commissioni del paesaggio a valutare se l'impianto o la costruzione o altro, sono compatibili con il territorio. Ed è anche vero che se gli impianti in questione superano la "taglia" di 1 MW (1 milione di kilowatt ora) il parere lo rilascia il competente ufficio Provinciale e quindi le valutazioni sono sempre soggette alla analisi ed a valutazioni specifiche.

C'è poi da capire anche se, per questo stesso motivo, dobbiamo perseguire nello sfruttamento delle risorse (ancora per quanto?) petrolifere oppure cambiare economia.
Perchè di questo si tratta. Non si ricordano i danni e le devastazioni di un modello di sviluppo incentrato sul petrolio, ma si ricordano i potenziali danni per le sottrazioni dei terreni per l'agricoltura?
Mi sembra eccessivo, e mi sembra invece scandaloso proseguire a giocare ai soldatini promuovendo azioni di guerra, e partecipandovi, per poi mettere le mani sui piani di ricostruzione o sulle altre "risorse" e le ricchezze (come il petrolio) dei paesi in crisi.

Puntare sul Km zero, e sulla agricoltura a "Km Zero" in periodo di crisi, ma non solo, è una scelta altrettanto condivisibile poichè riscopriamo la produzione locale, riduciamo i costi, i prodotti tagliano i passaggi della distribuzione e dei trasporti a grande distanza, ed in teoria riduciamo l'inquinamento con comportamenti consapevoli.
La sintesi è banale ma le due attività possono sempre coesistere e non arrecare danno le une alle altre.
Il terreno di cui si parla sei certo che sia stato "tolto all'agricoltura"?
Non è che è semplicemente stato diversamente destinato dall'agricoltore verso un diverso modo di produrre redditto?
L'agricoltore non è che coltiva la terra solo perchè ama le piantine o gli piace guidare il trattore, ma perchè è la sua fonte di redito, il suo lavoro.
Dovremmo chiederci perchè l'agricoltore non si è "aggiornato" qualificando la produzione verso prodotti a km zero, e non metterlo in antitesi con il fotovoltaico, non ha senso.
L'alterantiva sono gli inceneritori o la cogenerazione per produrre calore e riscaldamento o i trigeneratori per produrre anche energia elettrica, ma con quale "peso" per il territorio (urbanizzato) e per la popolazione, in questi altri casi?

1 commento:

  1. Innanzitutto mi scuso perché si tratta non di Senago ma di Bollate. E' un terreno vicino al "Tosi".

    Nel caso non sia chiaro non ho detto che non voglio i pannelli solari: mi vanno benissimo pannelli solari e non solo, se anche si trovasse modo di generare energia dal passaggio dell'acqua nei piccoli canali d'irrigazione (una paesino era riuscito a sfruttare piccoli corsi d'acqua) che ci sono ancora (uno passa dalla Comasina) sarei contento.

    Addirittura chiacchieravo con uno di Legambiente sul fatto che se si usano le deiezioni dei maiali per fare biogas..be' le nostre che sono molto più abbondanti? :-)

    La questione è quanto sia lungimirante sottrarre un terreno all'agricoltura e lasciare invece liberi i tetti di edifici comunali e privati (capannoni etc): chi ha fatto la legge con gli incentivi probabilmente non si aspettava che questo sarebbe successo e sperava solo di incentivare l'installazione su edifici industriali e privati.

    Capisco che l'agricoltore oggi guadagna di più col solare e i suoi incentivi (credo abbia fatto in tempo a prendere quelli di prima) che coltivando.
    Ma dico che secondo me andava incentivato di più il solare sui tetti e non va assolutamente incentivato il solare che di fatto sostituisce l'agricoltura (come in quel campo che non è più coltivato).

    E andava aiutato chi coltiva per prepararsi in futuro a coprire parte di quello che mangiamo con produzione locale o vicina. Mi pare che l'esperienza della "città di transizione" Monteveglio vada in quel senso.

    Un ambientalismo moderno sa che le energie "alternative" non sono di per se un bene: riempire il Sahara di pannelli solari sarebbe uno sconvolgimento dell'ecosistema terrestre, la diga di Assuan produce elettricità da fonti non fossili e lo è già stato. Oggi abbiamo la tecnologia per avere fonti di energia distribuite sul territorio senza danneggiarlo.

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